Le domande degli studenti e le curiosità dell’artista
Giovedì 20 febbraio, a meno di due mesi dall’inaugurazione della mostra “Steve McCurry. Uplands & Icons”, attualmente in corso a Palazzo Gromo Losa e Palazzo Ferrero fino al 18 maggio, l’Auditorium di Città Studi Biella ha ospitato oltre 400 studenti delle scuole superiori biellesi, dell’Accademia UNIDEE e dell’Università, per un incontro esclusivo con il celebre fotografo Steve McCurry. L’evento, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, ha suscitato grande entusiasmo, con gli studenti che hanno avuto l’opportunità di partecipare a una Lectio Magistralis unica nel suo genere.

La parola di Steve McCurry
“Il segreto per la fotografia perfetta? Non basta un clic, servono lavoro, tempo e impegno“
Steve risponde alle domande dei ragazzi
Durante l’incontro, gli studenti e le studentesse hanno preparato domande per l’artista, rendendo l’esperienza ancora più coinvolgente. A partecipare attivamente alla masterclass una folta rappresentanza del Corso di Laurea Magistrale in “Cultural Heritage and Creativity for Tourism and Territorial Development” dell’Università di Torino, attivo nel Campus biellese.


McCurry, come sempre, ha dimostrato grande disponibilità, rispondendo con passione alle numerose domande, scattando selfie con i ragazzi e firmando autografi per tutti i presenti. Il fotografo ha condiviso con il pubblico la sua esperienza personale e professionale, raccontando il suo percorso di formazione, che lo ha portato dalla passione per la fotografia al successo internazionale. Ha parlato dei suoi primi passi nel mondo della fotografia, rivelando come la sua curiosità e la voglia di raccontare storie lo abbiano spinto a viaggiare e ad esplorare diverse culture.
Il suo lavoro è così vasto e ricco che è difficile catalogarlo in un unico genere: fotoreporter, documentarista, fotografo di strada, ritrattista, fotografo nelle zone di conflitto. Forse la caratteristica che la rende così unico è la sua capacità di rappresentare l’essere umano nel suo ambiente sociale e culturale, storico e naturale. Si sente un fotografo antropologo?
Questa cosa dell’antropologia mi sembra forse una definizione troppo impegnativa. In effetti penso che ci sia un elemento documentaristico e antropologico, perché sto fotografando il mondo così com’è, ma non sono uno scienziato o un accademico, in quanto non lo faccio con il preciso intento di studiare o registrare qualcosa. Nella mia vita da fotografo ho fatto cose diverse, ma credo che ora si tratti più di togliere strati, di vagare ed esplorare il mondo, trovare situazioni e persone che mi interessano nei posti che ho sempre voluto vedere e semplicemente fotografare ciò che c’è.
La fotografia, per sua natura, è un’attività intrusiva. Robert Capa, tra i fondatori della Magnum, diceva: “Se le tue foto non sono abbastanza buone, significa che non eri abbastanza vicino”. Ci sono stati momenti nella sua carriera in cui ha scelto di fare un passo indietro o ha dovuto rinunciare a scattare o pubblicare una foto?
Capa era un fotografo di guerra, mentre io non lo sono mai stato, anche se ho lavorato spesso in zone di conflitto. Ma il tema della vicinanza credo si possa interpretare in diversi modi. È chiaro che se sei un reporter di guerra devi essere fisicamente vicino all’azione, ma c’è anche l’aspetto della connessione emotiva con le persone. Devi cercare di entrare nelle loro vite, avvicinarti a loro, rimboccarti le maniche e non scattare da lontano con un teleobiettivo. Devi essere lì, in modo che possiamo parlare, guardarci negli occhi. Io voglio incontrare le persone, parlare con loro, capirle.
Mentre sono sul campo scatto sempre tutte le foto. I casi in cui ho deciso, una volta arrivato a casa, di non pubblicarne sono stati rari, quando è successo è stato perché le ho considerate troppo crude o scioccanti.
Oggi, grazie agli smartphone, abbiamo una fotocamera sempre a portata di mano e scattiamo milioni di foto. Se dovesse svelare il segreto per la foto perfetta, quale sarebbe?
Non c’è un vero segreto. Come in qualsiasi professione, tutto nella vita richiede lavoro, tempo e impegno. La fotografia non è diversa dall’architettura, dalla danza, dalla musica, dalla scrittura o dall’artigianato. Premere un pulsante è facile, ma creare qualcosa a un livello interessante richiede lavoro.
Ha esplorato e fotografato il mondo e i suoi popoli, attraversando tutti i continenti e visitando centinaia di Paesi, ma il suo viaggio è iniziato a Philadelphia, in Pennsylvania, dove è nato nel 1950. Ha mai pensato di dedicare un progetto al suo paese d’origine, una sorta di ritorno a casa dopo tanti anni di viaggi?
Ci ho pensato molto, sento che sarebbe un’idea fantastica e che in qualche modo dovrei farlo, ma la vita è corta e credo sia meglio seguire l’istinto: se mi dessero un biglietto aereo per qualsiasi posto nel mondo, probabilmente sceglierei Myanmar, India, Russia.
Sembra impossibile, ma ci sono posti in cui anche lei non è mai stato. La Siberia, ad esempio, un luogo che tra l’altro attualmente non è accessibile, vista la situazione contingente.
Ho sempre voluto andare in Siberia, amo la Russia e trovo questi luoghi estremamente ricchi dal punto di vista visivo, ma ovviamente non vi posso andare a causa della sconvolgente situazione in Ucraina. Ci troviamo in una situazione mondiale così imbarazzante, scomoda e pericolosa e la presidenza Trump adesso è un disastro totale. Trovo sconcertante quanto Trump possa essere irrispettoso nei confronti degli alleati europei, l’atteggiamento della presidenza e della vicepresidenza Usa sono semplicemente incredibili. Se questa nuova amministrazione deciderà di concedere l’Ucraina a Putin, forse l’embargo finirà e tutto tornerà alla normalità, ma a quale prezzo? Siamo davvero pronti a sacrificare l’Ucraina?
(*intervista di @UNITO per la rivista Otto)
L’evento si è rivelato un’occasione unica per gli studenti di entrare in contatto con uno dei grandi maestri della fotografia contemporanea, portando loro una testimonianza diretta di passione, dedizione e impegno nel mondo dell’arte e della cultura visiva.
Proposta di lettura
La biblioteca Luigi Squillario di Città Studi Biella in occasione della mostra “UPLANDS&ICONS” ha realizzato una biografia dal titolo “Catturare l’attimo” per approfondire la storia della fotografia e la carriera di Steve McCurry.








A conclusione dell’incontro, l’artista è stato accompagnato da una delegazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e di Città Studi in una visita al Campus e a Cascina Oremo, dove ha avuto modo di esplorare ulteriormente queste due realtà del territorio.